Nell’intervista di venerdì 27 alla dottoressa Martina Bagnoli, direttrice delle gallerie estensi, la sentiamo dire che Modena è una città in progresso perché fa tante belle cose e tante ancora ne farà, grazie ad una profusione di euro assegnati per la cultura. Ben vengano le sovvenzioni! I modenesi hanno sì tanti difetti, ma sono forse più consapevoli di quanto si pensi del loro patrimonio culturale e ne saranno certo compiaciuti. Le querelles che sorgono di fronte alla prospettiva di sovvertimenti dello status quo in questo settore nascono forse proprio da quest’amore per la propria città, testimoniato dalla quantità di donazioni e di patrimoni che negli anni, nei secoli e fino ad oggi sono confluiti in musei, gallerie, archivi e biblioteche cittadine. Tornando all’intervista, ci permettiamo di osservare che Modena forse, anzi senza dubbio, fa tante belle cose, ma soprattutto ha tante belle cose! È vero, non è città turistica o almeno attrae soprattutto per il marchio automobilistico Ferrari, per Pavarotti, per il bel canto e per la gastronomia, ma la congerie di beni culturali preziosi, talora unici, la fanno sicuramente brillare all’interno delle città italiane di piccola o media entità.
Con compiacimento registriamo la volontà di esporre i legni xilografici che costituiscono indubbiamente uno dei molteplici pregevoli nuclei della Galleria, nascosti agli occhi e pertanto sconosciuti ai più. Anche se val la pena ricordare che anni fa, durante la direzione Bentini, la funzionaria Maria Goldoni ne fece un censimento e ne portò contezza in più di un’occasione anche all’estero. Furono esposti e conosciuti, certo non abbastanza. L’unicità di certi pezzi e di interi segmenti del nostro patrimonio culturale ci induce a credere debbano essere valorizzati. Vale certo la pena di esporli periodicamente sia per avvicinare ad essi il pubblico locale sia per promuovere ed avviare intorno ad essi studi e ricerche di alto livello, in grado di attrarre studenti, studiosi e ricercatori, italiani e non italiani, e di diventare intenso laboratorio e crogiuolo di iniziative.
Modena è stata per due secoli una capitale di Stato, ha dato impulso a straordinarie attività che ancor oggi ne segnano la fisionomia: basta estrarre dai filoni aurei nascosti nelle sue viscere per portare alla luce tesori. Se unico è il museo della figurina, non unici ma importantissimi sono i musei universitari, da Gemma ai musei anatomici che, ricchissimi di testimonianze confermano, col teatro anatomico, una costante attenzione attestata negli anni e nei secoli dai carpigiani Jacopo Berengario e Bernardino Ramazzini, a Lazzaro Spallanzani, ad Antonio Scarpa, a Giovanni Lombroso, per anni docente al nostro ateneo… E mi fermo qui. L’interesse per l’ idraulica, l’agricoltura, la razionalizzazione delle colture, viva fin da quando Modena era solo periferia del Ducato estense, si è rafforzata nel tempo, mutuando dalle migliori influenze europee e favorita dagli impulsi dei duchi nel periodo illuministico e da tanta parte della nobiltà terriera. Infine la cooperazione dal XIX secolo ha consolidato la realtà agricola produttiva. Tutta la trattatistica in materia, lunari, calendari, pronostici, ricettari ne sono attestazione da non trascurare. La farmacopea, testimoniata nel Cinquecento dalla spezieria Grillenzoni e dalla farmacia e produzione galenica dei benedettini nei loro laboratori in San Pietro e da tanti medici e farmacisti hanno una riprova oggi nei preziosi codici ed erbari manoscritti e a stampa dell’ASMO e della BEU, nelle raccolte pedologiche e negli Erbari secchi dell’ASMO, nei trattati sulla peste, di cui il più antico, nell’ASMO anch’esso, risale al XIV secolo e il più moderno è quello del Muratori. Già, il Muratori, un grande grandissimo che a Modena, centro della sua Repubblica Letteraria, ha speso la vita in continuo contatto con letterati e scienziati dell’intera Europa. Anche Muratori va valorizzato, dalla casa dove ha passato la vita (aedes muratoriana) alla parrocchia di santa Maria della Pomposa dove ha operato come parroco, alla Biblioteca e all’Archivio estensi, sito privilegiato dei suoi studi e depositari oggi delle sue testimonianze scritte.
E cosa dire della cartografia? Dalla preziosa carta nautica catalana, al planisfero del Cantino, alla serie di pergamene nautiche della Biblioteca, fino al prezioso mappario che in ASMO registra l’intero mondo fino alle più minime topografie del territorio così importanti e preliminari ad ogni ricostruzione territoriale, odomastica e toponomastica, dinastica e sociale. Se i cimeli universali quali la Bibbia di Borso d’Este o il diploma di Carlo Magno o il duca Francesco del Bernini o del Velasquez sono noti a tutti, è dalle sezioni talvolta liquidate come “materiali minori” che si possono estrarre incredibili sorprese: monete, avori, gemme, porcellane, stampe, giornali, epistolari, carteggi, collezioni diverse, abachi, calendari, fotografie…..
E lo spessore culturale di Modena annovera anche nelle sue pieghe manifestazioni diverse, più concrete, più recenti, ma non meno importanti: in musica non c’è solo il belcanto, ma tutta una tradizione di bande, di corali, di musica popolare che giunge fino ad oggi con il pop e il beat, da Augusto dei Nomadi a Vasco.
Tutta la tradizione manifatturiera e artigianale del Sei-Settecento è diventata nell’Ottocento industria meccanica, tessile, falegnameria, alimentare…. Dalle officine meccaniche modenesi sono usciti motori oggi in tutto il mondo; dalle officine Corni è sorta, quasi un imprescindibile corollario rivolto al futuro, la scuola, oggi istituto Fermo Corni, atta a preparare quella laboriosa e dinamica gioventù proiettata nel mondo del futuro e palestra di studio anche per l’attuale presidente della Fondazione, ing. Cavicchioli.
L’Italia degli anni Sessanta del Novecento cominciava a dotarsi della televisione ed ecco sorgere a Modena l’industria della clip televisiva, collegata a quel mondo del fumetto anch’esso così straordinariamente vivo dalle nostre parti. Nasceva la Paul Film di Paolo Campani che per anni ha prodotto quasi tutti quei caroselli animati che i meno giovani ben ricordano, come pure le Sturmtruppen dell’indimenticato Bonvi.
Cultura modenese fatta di tradizione e di spirito innovativo, di studio e di genialità, di poesia e di concretezza. L’occasione dei grandi stanziamenti di fondi, della acquisizione del già ospedale civico sono occasioni che non possono essere sprecate e alla cui ottimale realizzazione i modenesi devono concorrere, dando giustamente i loro pareri. Nel sant’Agostino la possibilità di grandi spazi consente la realizzazione di “sale estensi” dove porre in esposizioni temporanee e a rotazione, vuoi tematiche vuoi scaturite da altre ideazioni, delle bellezze estensi sia delle Biblioteca sia dell’Archivio sia delle Galleria. Allora veramente si potrà avere il polo visuale assieme a figurine, fotografie, gipsoteca e quant’altro si possa pensare.