Si deve riconoscere che la deliberata modificazione dell’accordo siglato nel 2016 da Comune, Ministero beni culturali, e Fondazione Cassa (non un mero “addendum” come è presentata, ma incisivi emendamenti) definisce un quadro sostanzialmente nuovo e finalmente organico degli istituti culturali della città, corrispondendo in ampia misura alle motivate proposte che Italia Nostra da oltre dieci anni ha tenuto ferme in alternativa al progetto che voleva trasferite nel complesso dell’ex Ospedale Sant’Agostino la statale Biblioteca Estense e la civica Biblioteca Poletti, progetto ancora confermato nell’accordo 2016. La annessione della Biblioteca Estense alla Galleria Estense – già costituita in supermuseo a gestione autonoma e declinata al plurale -, disposta con motu proprio del ministro, ha radicato la Biblioteca dove sta ora nel Palazzo dei Musei al piano sottostante alla Galleria; mentre il finanziato progetto ministeriale Cultura – Turismo voluto per le province che furono del ducato estense destina adeguate risorse anche alla messa in sicurezza del Palazzo dei Musei e al restauro – recupero della porzione retrostante liberata dall’Ospedale Estense, integralmente ora destinata alla espansione degli istituti comunali (musei civici, archivio storico comunale, biblioteca Poletti) e della Galleria Estense (per la esposizione, deve intendersi, delle raccolte, non certo minori, dei preziosi oggetti diversi dai dipinti). Un risultato di straordinario valore, recuperata la funzione unitaria della grandiosa fabbrica che rappresentò la più impegnativa impresa edilizia del Settecento riformatore estense, l’Albergo delle Arti, integralmente oggi convertito a sede degli istituti culturali della città, siano statali e civici.
Ma, noi crediamo per una irragionevole impuntatura, alla sola Biblioteca Estense (tra i numerosi istituti oggi insediati nel Palazzo dei Musei) è negata la espansione nella porzione retrostante dell’edificio, operazione fisicamente agevole negli spazi immediatamente contigui e perfino funzionalmente ovvia, così mantenuta la integrità delle raccolte, l’unità dell’istituto, nella sede ormai storica. Non si parla più, non si può parlare, di polo librario nel Sant’Agostino, ma qualcosa della “biblioteca” deve pur esservi trasferita, la biblioteca moderna si dice nell’addendum, una entità inventata risultante dalla estemporanea scomposizione dell’unitario corpo dell’istituto, come se potesse individuarsi una autonoma sezione priva di relazione funzionale con quella antica e lì pronta per il distacco. Quando la nuova direttrice della Galleria Estense, avendo preso atto con sorpresa che le era stata assegnata anche la biblioteca, annunciò il trasferimento nel Sant’Agostino delle serie librarie tra otto e novecento, Italia Nostra parlò di un obbrobrio. E ora mantiene ferma quella valutazione che ben risponde allo smembramento di un corpus inscindibile. Privo di una sola ragione che non sia quella del rifiuto di riconoscere che nulla può rimanere dell’originario progetto di polo librario.
Non più polo librario dunque nel Sant’Agostino che oggi si converte a polo dell’immagine, perché correttamente si accinge ad ospitare la Galleria Civica e il Museo della Figurina, che lasciano alla Biblioteca Delfini, finalmente divenuta a pieno titolo biblioteca della città, tutti gli spazi disponibili del Santa Margherita. Si va dunque componendo il quadro organico degli istituti culturali della città e la Fondazione Cassa offre gli spazi indispensabili a questo generale e impegnativo disegno attraverso il recupero alla moderna funzione del complesso ospedaliero storico lì insediato dal settecento. L’addendum sanziona questa sostanziale modificazione delle originarie intenzioni, registra le nuove destinazioni, ma mantiene fermo il progetto architettonico, soppresse soltanto le torri funzionali all’abbandonato polo librario che era stato concepito e misurato sulle esigenze delle due vaste biblioteche (l’Estense e la Poletti). Non solo le torri, ma tutte le altre forzature sulle strutture storiche a contraddire il modello della conservazione e del restauro, erano motivate (pensiamo alla copertura del grande cortile come cuore – motore dell’esercizio bibliotecario) dalle esigenze funzionali di servizio delle due accorpate biblioteche storiche. E dunque alla nuova destinazione non può non corrispondere, così a noi pare, un diverso progetto di recupero delle strutture edilizie storiche, rispettoso della vincolante disciplina conservativa dettata per gli interventi sugli immobili di riconosciuto interesse culturale e insieme adeguato alla funzione del polo della immagine.
L’addendum riconosce espressamente che il progetto architettonico come nella sostanza riproposto non risponde alle regole del restauro e del risanamento conservativo dettate dal piano strutturale per il complesso del Sant’Agostino (integralmente, in ogni sua parte, dichiarato di interesse storico – artistico), in conformità alla disciplina regionale (Allegato Contenuti della pianificazione alla legge 20 del 2000) degli interventi edilizi nei centri storici e a quella statale secondo i parametri del decreto interministeriale 1444 del 1968 per le zone A – centro storico (in attuazione della legge ponte dell’anno prima e generalmente riconosciuti ancor oggi vigenti e vincolanti). Ma ritiene che, incontestabile essendo l’interesse pubblico della operazione, il previsto accordo di programma avrà il potere di sollevare il progetto dalla osservanza di quelle disposizioni. E’ ancora riproposto il convincimento che il sindaco espresse quando annunciò nel 2015 il proposito di superare l’impasse della sentenza di annullamento del TAR, attraverso appunto l’accordo di programma. Le ragioni in diritto che tolgono fondamento a quel convincimento Italia Nostra allora motivò – non contraddetta sul punto – e oggi testualmente riprende (l’esenzione dalla osservanza dei principi conservativi nel centro storico non opera per gli edifici di riconosciuto interesse storico-artistico: art. A-9 dell’Allegato alla l.reg. 20/2000; la stessa legge, art. 7ter, commi 3bis e 3ter, esclude quei beni dalla deroga alla disciplina del d.m. 1444/1968). E dunque il progetto architettonico mantenuto fermo nel rettificato accordo, se pur trovasse il consenso dell’ufficio di tutela del ministero beni culturali (vincolato esso stesso al principio del restauro secondo il precetto dell’art. 29 codice beni culturali), si espone ad insuperabili rilievi di illegittimità che potrebbero condurlo a subire, così a noi pare, una nuova sanzione di annullamento.
Italia Nostra che riconosce le rilevanti novità cui è approdato il processo verso l’organico complessivo ordinamento degli istituti culturali della città, invita le parti responsabili di quel processo a riconsiderare, da un lato, lo smembramento della Biblioteca Estense (privo di alcun ragionevole motivo) per soddisfare diversamente la esigenza di nuovi spazi nella contigua porzione del retrostante edificio; e, dall’altro, a introdurre nel progetto architettonico di recupero del complesso del Sant’Agostino quelle modifiche che insieme soddisfino le esigenze funzionali della nuova destinazione (il polo della immagine) e il rispetto della disciplina conservativa delle strutture edilizie storiche secondo i convergenti vincolanti disposti della legislazione nazionale e regionale.
Modena, 6 aprile 2017.
Italia Nostra, sezione di Modena.