L’assessore è irritata: forse nell’ex Ospedale Sant’Agostino la politica non riuscirà a prevalere.

Non ha saputo trattenere la sua irritazione l’Assessore relatrice al Consiglio comunale di giovedì scorso quando ha dovuto convenire che questo accordo di programma, monco del progetto architettonico, registra in realtà un nulla di fatto.

Ricordiamo che lo speciale procedimento era stato promosso nel giugno 2017 per l’approvazione appunto del progetto definitivo proposto dalla Fondazione Cassa e fatto proprio dalla Amministrazione comunale. Della palese inconcludenza l’Assessore ha scaricato la responsabilità sugli uffici della tutela dei beni culturali incapaci, lei dice, di determinarsi nel corso del procedimento, che si è perciò trascinato stancamente per oltre un anno di seduta in seduta della conferenza di servizi.

Dimentica l’Assessore che, inascoltati, gli uffici della tutela si sono pronunciati responsabilmente in sede istituzionale e le loro determinazioni sono state portate nella conferenza di servizi. La Commissione regionale per il patrimonio culturale (unico organo competente al riguardo) ha infatti approvato la sola demolizione del corpo di fabbrica del Pronto Soccorso (indicando ragioni che a rigore precludono la ricostruzione) e ha insieme comunicato “i motivi ostativi alla autorizzazione alla demolizione di altre parti” e in particolare del vasto corpo centrale che (con l’ex Istituto Pediatrico) delimita e conforma le due corti, perché “porterebbe alla perdita delle linee essenziali della facies ottocentesca” di quella parte dell’insediamento ospedaliero. Mentre i Comitati tecnico – scientifici del Ministero, nel loro parere, hanno negato  che possa essere demolita “la parte di pertinenza dell’Ospedale Dermosifilopatico” (il risvolto verso l’interno  dell’edificio che prospetta su Via Berengario) cui aderisce l’ex Istituto Pediatrico e che del complessivo corpo centrale costituisce pressoché la metà, sicché della “restante porzione” gli stessi Comitati hanno invitato a “opportunamente rimodulare” il progetto architettonico “per tener conto del ridotto perimetro”.

Si è dunque rifiutato il suggerimento di rivedere il progetto proprio nel suo essenziale fulcro funzionale con la integrale demolizione del corpo centrale e la libera ricostruzione in più ampia sagoma, né si è raccolto l’invito a valutare la possibilità di aprire un nuovo ingresso sulla Via Ramazzini senza alterare il prospetto dell’edificio verso la stessa via.

Il progetto originario è stato ostinatamente mantenuto fermo in ogni sua previsione e delle esplicite valutazioni critiche della istituzione della tutela dei beni culturali non si è voluto tener conto, nella convinzione che infine, anche con l’avvicendamento dei soprintendenti, la politica avrebbe prevalso. L’irritazione dell’Assessore sembra rivelare il dubbio che la politica sia davvero capace di prevalere sulla corretta tutela del monumentale complesso dell’ex Ospedale Sant’Agostino.

Modena, 27 ottobre 2018

Italia Nostra sezione di Modena

 

 

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