La determinazione della Amministrazione Comunale di Castelnuovo Rangone di procedere alla demolizione dell’edificio del Cinema Teatro Verdi, compreso nello storico insediamento urbano, per ricavarne una piazza, ha suscitato motivate riserve tra i cittadini. E proprio per porre pubblicamente in discussione quel progetto nei rapporti con l’Amministrazione si è di recente costituito un apposito Comitato.
Alla determinazione comunale si è giunti, come è noto, attraverso una speciale variante allo strumento urbanistico, necessaria perché ne risulta modificata la stessa morfologia urbana con l’apertura di una piazza nel compatto tessuto edilizio. Sappiamo che nel 2007 gli uffici della tutela hanno formalmente attuato la verifica – negativa – dell’interesse culturale dello storico cinematografo con un provvedimento della Direzione Regionale sommariamente motivato, nel rilievo che la struttura originaria di primo Novecento sarebbe stata radicalmente alterata con la ristrutturazione degli anni Cinquanta. E’ un rilievo che non sembra obbiettivamente fondato, come sarà agevole dimostrare attraverso la constatazione dell’attuale assetto strutturale dell’edificio a confronto con la documentazione tecnica disponibile nell’archivio comunale, mentre in ogni caso non può negarsi, crediamo, l’interesse storico dell’unica sala di spettacolo attiva (anche con manifestazioni di circuito nazionale) nella vicenda dell’insediamento di Castelnuovo lungo l’arco di otto decenni.
Ma, si deve innanzitutto rilevare, gli Amministratori non hanno considerato che alla realizzazione di una così incisiva modificazione della forma stessa del “centro storico” si oppone la vincolante disciplina conservativa della legge regionale 24/2017 che nell’art.32, con le stesse parole della previgente legge 20/2000 (Allegato, art.A-7, comma 3), dispone che “nei centri storici … è vietato modificare i caratteri che connotano la trama viaria ed edilizia”. Non può mettersi in dubbio che la realizzazione di una nuova piazza nell’area di risulta dalla demolizione di un fabbricato entro il continuo tessuto edilizio sia intervento vietato da quella prescrizione e dunque illegittimo. Mentre sulla violazione di un vincolante precetto normativo non può fondarsi, crediamo, la realizzazione di una piazza che si vuole dedicata alla cultura.
Vi sono buone ragioni dunque per rivedere quel progetto e c’è modo di riparare alla obbiettiva illegittimità della formale determinazione urbanistico-edilizia del Consiglio comunale attraverso l’annullamento d’ufficio nell’esercizio del potere di autotutela.
Modena, 23 dicembre 2021
Italia Nostra, sezione di Modena.