Sassuolo in questi ultimi vent’anni si è lasciata chiudere dentro un intrico opprimente di strade che attraversano in ogni senso il sempre più esteso insediamento urbano, con il punteggiamento di monumentali rotatorie. Del tutto cancellata la viabilità storica e chi manchi da qualche tempo da questi luoghi stenta a riconoscerli e anzi fatica a districarsi, se giunge in auto, tra la più recente viabilità maggiore e minore e i relativi raccordi. Non ha portato ordine la superstrada “Modena – Sassuolo urbana” e infine si attende a esasperare la concentrazione infrastrutturale (come si dice), e a chiudere la quadra, l’inutile e pressoché parallelo (a circa cinque chilometri) collegamento autostradale Campogalliano – Pedemontana. Non si saprebbe immaginare un territorio più di questo letteralmente sezionato. La “bretella”, che da oltre vent’anni era rimasta in riscaldamento, non è stata arrestata dalla crisi e anzi è stata di recente reinserita tra gli interventi di preminente interesse strategico. Una addomesticata VIA ha travolto i molteplici vincoli ambientali e paesaggistici, perché, come ben si sa, l’ autostrada corre, pressoché lungo l’intero percorso, dentro gli ambiti di rispetto del fiume Secchia, attraversa zone sensibili e vulnerabili dal punto di vista idrogeologico e idraulico e due siti di importanza naturalistica comunitaria. E si ha la sfrontatezza di presentarla come opera di bonifica da cave e scarichi abusivi. Nell’estremo tentativo di salvare il lungo Secchia e Sassuolo da questa vera e propria “soluzione finale”, Legambiente, Italia Nostra e WWF hanno fatto ricorso, ultima garanzia di rispetto dei valori costituzionali del paesaggio, alla giustizia amministrativa.
Giovanni Losavio.