E’ scesa finalmente in campo la macchina da guerra concepita dai tre prestigiosi uffici legali (di ministero, comune, fondazione cassa) nel caldo torrido della scorsa estate, come si era saputo. Sùbito un anomalo accordo che dicono di procedimento per andare poi a quell’accordo di programma dove tutto si tiene, variante al piano strutturale (la deroga alla disciplina conservativa), abilitazione a costruire, autorizzazione di soprintendente, per fare una buona volta questo polo culturale dentro quello che fu l’ospedale Sant’Agostino. Superata così di slancio la decisione del TAR, anzi benvenuta se offre la indicazione risolutiva, se dice cioè come si debba ora fare (ma non è il compito delle sentenze e non fa giudicato). Quella decisione che aveva fermato il progetto, costruito contro le prescrizioni conservative del piano regolatore (imposte dalle leggi statale e regionale) e approvato da un funzionario non competente del ministero beni culturali.
Per far passare a forza quello stesso progetto (integralmente confermato nell’assetto architettonico e nei contenuti di specifiche destinazioni), oggi una novità molto rilevante. E’ il comune che prende direttamente in mano la cosa, come “amministrazione procedente” conduce i giochi e va all’accordo Non sia la fondazione cassa a rimettere in movimento la vicenda, così ha voluto il sindaco che ci ha “messo la faccia” e ha fatto approvare dalla sola giunta, intanto, questo primo accordo, su un modello che la legge sul procedimento amministrativo destina a tutt’altro impiego, ma esige in ogni caso la deliberazione dell’organo della pubblica amministrazione cui compete il provvedimento conclusivo (la variante, nel nostro caso, al piano strutturale), dunque il consiglio comunale. Che invece, scavalcato, è stato ancora una volta posto di fronte al fatto compiuto. Si attende un soprassalto di orgoglio della civica assemblea elettiva.
Ma è una macchina da guerra fatta solo per intimidire, perché non può valere a superare gli ostacoli di legge statale e regionale che non tollerano deroghe alla disciplina conservativa quando si tratti di edifici di riconosciuto interesse storico e artistico sui quali si interviene esclusivamente per restauro e risanamento. E non vale la gherminella che vorrebbe spezzare in due il complesso del Sant’Agostino, una parte non monumentale (dove si può fare di tutto, demolire e liberamente ricostruire) e un’altra monumentale (ma qui si infilano le due stralunate torri librarie), mentre dal 2014 il decreto ricognitivo del vincolo sta lì a confermare la medesima qualità monumentale di ogni elemento che compone lo storico insediamento ospedaliero, comprese le aree libere, esplicitamente inedificabili.
Non vale infine aver messo in campo i due consecutivi accordi, di procedimento e di programma, secondo i modelli delle intese tra le pubbliche amministrazioni e solo “eventuale” vi è prevista la partecipazione dei soggetti privati E dunque è in posizione subordinata, un’appendice, la privata fondazione cassa che pur ci mette tutto, edifici e soldi. Il progetto, che si vuole essenziale per la cultura ben oltre l’orizzonte modenese, non è esonerato dal primo imperativo, che è imperativo di cultura, del rispetto della legalità. Una legalità che pretende per i riconosciuti beni di interesse storico e artistico la specifica tutela come restauro e risanamento conservativo. Secondo l’insuperabile precetto dell’articolo 9 della costituzione. La politica non può vincere sulla tutela.
Modena, 9 febbraio 2016.
Italia Nostra, sezione di Modena