Stupisce il silenzio dell’Amministrazione comunale. Sono stati due concessionari dei chioschi ad annunciare la ripresa dei lavori per il completamento delle costruzioni secondo il progetto originario. Si accetta dunque il rischio che il giudizio di appello promosso dalla impugnazione del Pubblico Ministero ribalti la pronuncia di assoluzione e disponga la demolizione. Evenienza non impossibile per una sentenza dichiaratamente fondata sulla mancata prova della norma che deve regolare questo intervento edilizio. Come se al giudice fosse data l’incertezza sul punto. Mai nella giurisprudenza italiana si era letta l’affermazione di un simile principio (“Nel processo non è stata raggiunta la prova certa di quale fosse la normativa applicabile”), subito osservammo. E constatammo poi la felice contraddizione della sentenza che, dopo aver liberato dal sequestro i chioschi in costruzione, esprime l’esigenza che le attrezzature di servizio al parco siano attuate “nel rispetto degli strumenti urbanistici e dei vincoli culturali e paesaggistici”, “quindi attraverso un progetto di minimo impatto ambientale”, con la “realizzazione di strutture adeguate dal punto di vista sanitario, di dimensioni magari più contenute rispetto a quelle del precedente progetto […], con l’utilizzo di materiali in armonia con il contesto verde e storico di riferimento”. Questa la chiara indicazione di un progetto alternativo rivolta alla responsabilità di soprintendenza e amministrazione comunale. Si è dunque deciso di non seguirla?
Modena, 25 settembre 2018.
Italia Nostra.