Non sono stata capace di trattenermi dal prendere parte al dibattito che si sta svolgendo tra gli ex direttori della Biblioteca Estense, dottor Milano e dottor Bellingeri e l’attuale direttrice Bagnoli. Io non sono stata alla guida di questa illustre istituzione, se non per una breve reggenza, ma ho un trentennale passato di bibliotecaria e di vicedirettrice nella stessa e devo dire che, anche in pensione, mantengo verso di questa rispetto, passione e direi quasi venerazione non già per quello che è stata per me, ma per quanto rappresenta e significa per la città, per il paese e per il mondo intero.
Certamente la dottoressa Bagnoli non è responsabile delle malaugurate scelte del ministro Franceschini che, come giustamente dice Milano, ha unito musei e biblioteche, spesso (come nel caso di Ferrara) del tutto estranei tra loro, ha demolito il Ministero, ha fatto gettito delle Soprintendenze, privando di istituzioni essenziali l’operatività e il controllo sui beni culturali. La sua è stata una scelta di marketing che nulla ha a vedere con la missione delle biblioteche e che privilegia esclusivamente mostre ed esposizioni, cioè un versante certo presente, ma assolutamente minoritario e soltanto corollario del patrimonio bibliografico e della vita stessa delle biblioteche.
Però mi indigno quando sento Bagnoli domandarsi cosa abbia fatto una così consistente pletora di dipendenti negli anni che hanno preceduto la sua gestione, mi indigno quando sostiene che la mostra permanente esponeva sempre gli stessi pezzi e quando afferma che non si catalogava e non si digitalizzava…. Non voglio portare gli esempi degli straordinari scavi fatti negli anni sui fondi estensi che hanno prodotto mostre e studi specifici ricchissimi, perché basta informarsene sui cataloghi. Non voglio nemmeno parlare degli acquisti di materiali librari che per decenni hanno arricchito gli scaffali estensi, sempre tempestivamente catalogati e messi a disposizione degli utenti. Non le ricordo di SBN del cui utilizzo nel polo Sebina la “nostra” biblioteca è stata un vero pioniere in Italia, né della catalogazione del fondo musicale, che da solo meriterebbe un plauso straordinario… Non ne voglio parlare perché sarebbe inutile… Se non ci si vuole informare, si rimanga pure nella propria chiusa e convinta certezza che l’Estense è nata e rinata con Franceschini e Bagnoli.
Ma bisogna ricordarsi anche che, prima del drastico taglio dei fondi nell’ultimo periodo della gestione Milano e in quella di Bellingeri, gli acquisti estensi, spesso condotti con oculatezza e sul mercato antiquario, hanno portato alla riunificazione di fondi smembrati (Amici-Amici Grossi) all’arricchimento di fondi già consistenti (edizioni dantesche; documenti tiraboschiani….), e ad un costante e virtuoso aggiornamento degli strumenti bibliografici legati alle sue fondamentali e costitutive radici bibliografiche e ideali.
Vero è che le biblioteche di fronte al mondo del digitale e al sopraggiungere di tecnologie diverse hanno il dovere di evolversi e di rispondere in modo sempre più sollecito e attuale alle esigenze degli utenti, ma il sistema di snaturarle, di crearne un’appendice al mondo delle arti visive significa veramente distruggerle. Gli utenti diventeranno i visitatori, il libro non verrà sfogliato, il testo non conterà e sarà l’immagine a proporsi nelle vetrine, come un vuoto cimelio. Già Billanovich parlava delle mostre di libri come di pericolose scimmiottature di esposizioni di tabacchiere, qualora non sostenute da una profondissima conoscenza in materia.
Ultima nota: la Bibbia di Borso non avrebbe dovuto essere spostata. Il facsimile che è costato mesi e mesi di lavoro all’editore e di sofferenza a noi bibliotecarie, di fronte allo smembramento, alla sfascicolazione dei due poderosi volumi, alle continue e reiterate riprese fotografiche al fine di ottenere i migliori risultati, il facsimile, dicevo, doveva andare a Ferrara. Altrimenti, cui prodest? A decorare i salotti di facoltosi modenesi?
Anna Rosa Venturi