Non si addice a chi sia democraticamente investito di un ruolo istituzionale la reazione irata del Sindaco che degrada a burocrazie ministeriali gli uffici della tutela del patrimonio storico e artistico della nazione, la funzione primaria dell’art.9 della Costituzione. Espressione spregiativa e in contrasto con quel principio fondamentale, mentre non si stenta a leggere sullo sfondo di una accesa e difficile campagna elettorale l’accusa infamante che la Commissione regionale per il patrimonio culturale dell’Emilia Romagna (dove siedono tutti i soprintendenti operanti nell’ambito della regione) si sarebbe così determinata avendo le spalle politicamente coperte dal governo grillino leghista. Composta e positiva l’attitudine con cui il Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio ha ricevuto la notizia.
L’attesa determinazione che doverosamente fa applicazione dei principi conservativi dettati dal codice dei beni culturali (prevalenti pure sulle idee inventive dell’archistar) deve invece essere l’occasione per la revisione critica della vicenda che si è trascinata per oltre un decennio non già per la melina degli imbalsamatori, ma per le contraddizioni interne alla stessa amministrazione comunale e i suoi vistosi errori anche formali. Quando, all’origine della vicenda, la porzione dell’edificio retrostante al Palazzo dei Musei fu liberata dall’impropria destinazione ospedaliera (l’Ospedale Estense), non si volle allora tener fede all’impegno di destinarla alla fisiologica espansione dei contigui attigui istituti culturali (le biblioteche Estense e Poletti, i Musei civici e l’Archivio Comunale), come Italia Nostra chiedeva. E per indulgere alle ambizioni della Fondazione Cassa di Risparmio, divenuta proprietaria del complesso dell’Ospedale Sant’Agostino, siconvenne il trasferimento in quel complesso delle due biblioteche, l’Estense e la Poletti. Ci volle la sentenza del TAR per far prendere atto che solo con la violazione della disciplina conservativa del piano regolatore e dei principi di tutela del codice beni culturali sarebbe stato possibile quel trasferimento. Si avviò infine il procedimento verso un accordo di programma con la Soprintendenza – in conferenza di servizi – su un progetto che non si differenziava però da quello originario se non per la soppressione delle due torri librarie, mantenute invece, pur nella diversa destinazione, le più radicali ristrutturazioni del complesso storico. La Soprintendenza non ha accondisceso all’accordo che avrebbe dovuto approvare insieme, unitaria decisione, progetto e variante delle contrarie regole di piano e la conferenza di servizi ha artificiosamente e inutilmente approvato la sola variante urbanistica nell’attesa della autonoma determinazione degli Uffici della tutela dei beni culturali. Che infine è giunta. E le vaste demolizioni del complesso storico non sono passate al vaglio della Commissione Regionale per il patrimonio culturale che, esercitando il proprio ruolo, ha fatto doverosa applicazione dei principi di tutela. Determinazione che deve essere accolta non con gli insulti e l’ira che offusca la ragione, ma con il proposito di rivedere il progetto per renderlo rispettoso dei caratteri dello storico complesso ospedaliero, integralmente monumentale, non più forzato e stravolto per accogliere funzioni incompatibili, idoneo invece a ricevere, correttamente restaurato, le diverse destinazioni alla cui definizione Comune e Fondazione sono impegnati e saranno anzi valorizzate dalla appropriata restituzione del Monumento, sede della secolare gloriosa istituzione ospedaliera della città.
Modena, 8 maggio 2019
Italia Nostra, sezione di Modena
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