Castelfranco Emilia. Lo storico Canale di Cento e di San Giovanni, corso d’acqua pubblico, iscritto nell’apposito elenco per l’intero suo corso dalle origini nei fontanili (le risorgive) del territorio di Castelfranco. Soggetto a tutela paesaggistica pure nel tratto che da una sua sorgente prende la denominazione di Canaletta del Buco, al limite orientale del capoluogo del comune.
Con recente deliberazione il Consiglio Comunale di Castelfranco Emilia ha approvato il Piano operativo comunale che destina una vasta area ora agricola, al limite orientale dell’abitato lungo la Canaletta del Buco, alla costruzione di un grande magazzino per la logistica (ml.183 per 140, alto ml.25). Esclusa la Soprintendenza dal relativo procedimento, così violato il disposto dell’art.16, comma 3, della legge urbanistica fondamentale.
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Lo storico Canale di Cento e di San Giovanni è un vero e proprio corso d’acqua di formazione naturale nonostante la denominazione di “canale”. Ha origine infatti dalle risorgive naturali, dette fontanili o fontanazzi, poste ad est dell’abitato di Castelfranco Emilia, a sud della via Emilia. Lo stesso decreto del 1918, che lo riconosce acqua pubblica, lo descrive come un “rio naturale sia pure artificialmente rettilineato in alcuni punti”. Il corso si era così definito già nell’alto medioevo, ad opera delle partecipanze agrarie presenti nella zona, innanzitutto di quella di Nonantola. “Le prime notizie storiche sul corso d’acqua sono riportate dal Tiraboschi nel suo Dizionario topografico-storico degli stati Estensi1 ove lo troviamo con la denominazione di “Flumen Gallicus”; lo stesso Tiraboschi riporta alcune citazioni del canale presenti in antichi documenti, tra di essi un documento del monastero di Montecassino del X secolo, ove viene definito come fiume spettante al contado modenese; in un altro documento, dell’Archivio capitolare, dell’anno 1056, viene denominato “Flusvius Gelegus”. Il canale assunse maggiore importanza quando l’Imperatore germanico Lotario III, con un diploma dell’anno 1133, concesse alla comunità di San Giovanni in Persiceto (Bologna) il pieno possesso dell’alveo del Gallego, comprese quattro braccia di terreno per ambo le rive, dalle sorgenti fino al fiume Po, con facoltà di modificarlo a loro discrezione. […] A seguito del diploma di Lotario III la comunità di San Giovanni ha esercitato di fatto, per otto secoli, il pieno dominio sul corso d’acqua. La stessa comunità sangiovvanese deviò il corso d’acqua in località Tivoli, costruendo un nuovo alveo artificiale, probabilmente utilizzando anche tratti di altri corsi d’acqua preesistenti, e così conducendo le acque sin dentro l’abitato del castello di San Giovanni in Persiceto. A valle dell’abitato, il canale proseguiva verso nord con l’andamento tortuoso tipico dei corsi d’acqua naturali. Questa caratteristica è dovuta all’utilizzo dell’alveo abbandonato di un antico rivo, che il Poluzzi ritiene corrisponda all’antica fossa Navigatoria. Il nuovo canale, giunto in prossimità dell’abitato di San Matteo della Decima, deviava verso nord ovest assumendo quindi la denominazione di “Condotto di Castelvecchio”. […] Il corso d’acqua non subì sostanziali modifiche fino a quando, attorno al 1457, si verificò, in località Bagnetto, la rottura dell’argine del fiume Reno che abbandonò il vecchio alveo a ponente della città di Cento, per un nuovo tracciato a levante della città. […] Con la convenzione del 1509 si stabilì, infine, di deviare
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1 G. Tiraboschi, Dizionario topografico-storico degli Stati Estensi, Modena, 1824
l’acqua del canale per alimentare anche la città di Cento. […] Nei secoli XVII e XVIII il Po di Ferrara era già completamente interrato e non permetteva il rinnovo dell’acqua delle fosse della città e del castello; perciò, nel 1591 furono incaricati i periti Bertazzoli e Aleotti di progettare una nuova modifica del canale. Il progetto prevedeva la costruzione di un nuovo canale nel territorio ferrarese, a valle di Cento, per condurre le acque limpide dei fontanili nell’alveo, in sostanza abbandonato, del Po di Ferrara presso la chiavica Rodoni. Il progetto fu poi realizzato nel 1622 sotto la direzione dello stesso Aleotti. Il tratto di canale fu poi denominato come Canale di Cento”.[…] “Il Canale costituiva la forza motrice dei numerosi mulini presenti lungo il suo corso e alimentava la fossa circondariale a difesa del castello di San Giovanni in Persiceto; serviva inoltre come fonte per l’igiene urbana e per l’irrigazione dei campi circostanti; dopo l’abitato di San Giovanni in Persiceto era anche navigabile. La navigazione, che superava i vari mulini con diversivi e chiuse, si caratterizzava qui, a differenza dei veri navigli dove il traino delle barche singole era effettuato da cavalli, per treni di piccole barche (burchielli) trainati da bovini. Negli anni 1508 e 1509 il duca Alfonso d’Este ottenne il permesso di protrarre il percorso originario del Canale in direzione di Cento, entrata a far parte dei domini estensi. Il duca fece così erigere a sue spese una chiavica, un semplice muro, detta mora di Castelvecchio. Essa bloccava l’accesso delle acque del Canale all’ormai vecchio alveo, denominato Condotto di Castelvecchio. Questo Condotto era alimentato da un buco praticato nel muro che derivava minime quantità d’acqua. Il diametro della mora dava luogo a frequenti liti tra i due centri. Nell’area di San Giovanni si trovavano moltissime chiaviche di derivazione: edifici idraulici che permettevano il passaggio dell’acqua attraverso l’argine del canale o di un fiume. Avevano una doppia funzione: controllare il problematico deflusso delle acque e condurre l’acqua alle diverse destinazioni d’uso (irrigazione, fonte energetica, riempimento di vasche)”².
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Con decreto luogotenenziale 29/9/1918 (Elenco principale acque pubbliche Provincia di Bologna) il canale “dal confine di provincia alle sue origini” è stato iscritto negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933 n. 1775. Il Canale è quindi tutelato ai sensi dell’articolo 142 del d.lgs. n. 42 del 2004, lungo tutto il suo corso, per una fascia di 150 metri misurata da sponde o piedi degli argini. L’assoggettamento a tutela è espressamente confermato dalla Regione Emilia Romagna con le deliberazioni della giunta n. 2531/2000 e n 143/2019, escluso il solo piccolo tratto del corso d’acqua in frazione Manzolino di Castelfranco Emilia tra “tra via Nazario Sauro e via Case Nuove nel centro abitato della frazione”, perché tombinato e quindi privo di rilevanza paesaggistica (consultabile il sito ufficiale della Regione all’indirizzo: https://wwwservizi.regione.emilia-romagna.it/territorio/corsiacquapubblici/).
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Delle risorgive che alimentano Il canale di Cento e San Giovanni, poste ad est dell’abitato di Castelfranco Emilia e a sud della via Emilia, nell’anno 2000 fu compiuto il censimento a cura dello stesso Comune, reso pubblico con il volume I fontanili di Castelfranco Emilia e San Cesario sul Panaro, Castelfranco Emilia, autori Dimer Biancani e Diana Neri, al tempo entrambi tecnici interni dell’amministrazione comunale. Allegata al volume, la preziosa carta che individua e descrive tutti i fontanili nel territorio dei comuni di Castelfranco Emilia e San Cesario e tra essi quelli che danno appunto origine al Canale di Cento e San Giovanni. Per la descrizione delle sorgenti del Canale i due autori si sono avvalsi degli studi, eseguiti nella prima metà del XVIII secolo dai periti Antonio Laghi e Giuseppe Guizzetti i cui analitici rilievi sono conservati all’Archivio di Stato di Bologna. Questi stessi rilievi sono riportati sulla carta tecnica regionale (CTR).
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2 “San Giovanni in Persiceto a meta del XVIII secolo”, San Giovanni in Persiceto, s.d., Amministrazione comunale.
La carta/mappa (qui allegata) che registra i fontanili documenta inoppugnabilmente che quelli contraddistinti dai numeri da 11 a 16_Bis alimentano il Canale di Cento e San Giovanni attraverso il condotto che corre parallelo all’attuale via Buco e perciò prende la denominazione di Canaletta del Buco.
Canaletta del Buco è dunque elemento costitutivo, parte integrante, del Canale di Cento e San Giovanni, dal decreto del 1918 incluso espressamente nell’elenco delle acque pubbliche nel suo intero corso (dal confine della provincia alle origini), dalla sorgente, appunto, nei fontanili a sud della via Emilia.
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Con deliberazioni del Consiglio comunale di Castelfranco Emilia n. 110 del 22/12/2021 e n. 40 del 10/07/2023 è stato adottato e approvato il piano di urbanizzazione di una grande area, ora agricola, di 64 717 mq a lato della Canaletta del Buco. Si tratta del Piano operativo comunale – POC – (“APC.b 31.2 Villanoviano”), con valore di Piano urbanistico attuativo – PUA -, piano particolareggiato nel lessico tradizionale, che prevede la costruzione di un grande magazzino per la logistica; le dimensioni del fabbricato sono imponenti: 183 metri di lunghezza (sul filo della Canaletta) per 140 di larghezza ed una altezza sino a 25 metri. Complessivamente 640.500 metri cubi di edificato! Tra i pareri raccolti in sede di conferenza di servizi, convocata sul POC, le delibere consiliari non indicano il parere (che quindi non è stato richiesto) della Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio, dovuto ai sensi dell’articolo 16, comma 3, della legge 1150/1942 che prescrive di sottoporre preventivamente alla Soprintendenza i piani particolareggiati nei quali siano compresi immobili soggetti alla tutela delle cose di interesse storico/artistico o alla protezione delle bellezze naturali. Un vizio formale che invalida dunque la deliberazione del POC, mentre nel merito non sembra contestabile che la colossale opera attestata nel suo sviluppo di ben 183 metri lungo e contro la riva del corso d’acqua sia incompatibile con la tutela paesaggistica del luogo dove la Canaletta del Buco con il filare di piante sul suo argine di destra segna il limite dell’abitato e apre verso l’ambiente agricolo, naturalmente protetto, si direbbe, dalla avanzata dell’urbanizzato. La osservazione delle fotografie aeree qui allegate crediamo offra per sé gli argomenti insuperabili che si oppongono a una tanto sconvolgente manomissione dello speciale assesto paesaggistico, protetto da disposizioni normative che costituiscono la attuazione di un superiore precetto costituzionale.
Italia Nostra pone la esigenza che l’Ufficio di tutela faccia valere in linea di stretta legittimità la invalidità della deliberazione del POC assunta dal Consiglio Comunale di Castelfranco Emilia con la esclusione di un soggetto pubblico necessariamente partecipe del procedimento e opponga nel merito alla attuazione del previsto intervento edilizio attestato lungo 183 metri della sponda del corso d’acqua le ragioni di insuperabile incompatibilità con la tutela operante nel luogo. Senza dire che un simile insediamento sulla via Emilia (per se stessa bene culturale tutelato), piegata a regolare i movimenti di accesso e recesso propri della funzione logistica, si pone in contrasto con il carattere di quella storica infrastruttura nel punto di ingresso dell’abitato per chi provenga da Bologna.
Italia Nostra, sezione di Modena