Riprendiamo da La Pressa l’articolo di Dante Pini, animatore di Italia Nostra a Spilamberto.
In Italia il giudizio morale che si dà del fallimento è assolutamente negativo; l’espressione gergale ‘sei un fallito’ è una sentenza definitiva, senza appello, come se le verità date a garanzia di un percorso di successo, fossero state tradite o la retta via smarrita. Invece si dovrebbe convenire che colui che decide di intraprendere corre dei rischi di fallire, anche nel rispetto delle norme, poiché la conoscenza è sempre limitata, il futuro imprevedibile, l’errore dietro l’angolo. I tre fallimenti, qui in ordine cronologico, sono: Coop Icea, Green Village srl, Granulati Donnini SPA. Queste società oltre all’epilogo finale, avevano in comune il settore economico, l’edilizia, il luogo operativo, l’Unione terre dei Castelli e la provincia di Modena e in particolare i loro bilanci dipendevano in larga misura da scelte politiche attuate nei vari comuni, solo dalla stessa forza politica l’attuale Pd, attraverso varianti dei piani regolatori, accordi di programma, piano delle attività estrattive.
Scelte politiche che la sezione di Italia Nostra avversò fortemente coadiuvata dalla nascita spontanea di comitati sostenuti da centinaia e nell’opposizione alle cave da migliaia di cittadini perbene e competenti. La ricostruzione storica di queste vicende, peraltro ben documentata dalla stampa locale e nazionale, se non per tre brevi accenni necessari a sostenere la tesi che esponiamo, non rientra nell’interesse di questo articolo. Così come non ci sarà la ricerca delle cause e delle procedure fallimentari di queste società. È nostro desiderio invece mostrare come esse siano esemplificative di una particolare deriva della politica che pochi riconoscono, totalmente assente dai dibattiti pubblici e che per il momento verrà esposta sotto forma di domanda: per quale motivo il governo centrale e in particolare i governi locali votano sempre più norme a favore di alcuni e non applicabili a tutti?
Coop Icea aveva ottenuto attraverso una variante al piano regolatore di poter edificare l’area Giovetti a Spilamberto, non sapendo che la legge Galasso ne impediva una parte prospiciente al Panaro. Il Comune approntò allora una nuova variante che consentiva di trasferire i volumi edificatori persi, nell’area Rangoni, dove sarebbe sorto il nuovo magazzino Coop consumo. A questo punto si costruisce un accordo di programma nel quale la Coop Consumo lascia al comune di Spilamberto il vecchio magazzino per trasferirvi la USL, per un valore economico che nessun privato avrebbe mai pagato e che costerà moltissimo ristrutturare per la sua struttura inadatta alla funzione sanitaria in cambio del non pagamento degli oneri di urbanizzazione dell’area Rangoni. Nella vecchia sede USL liberata si sarebbero dovute costruire 10 aule per la scuola e la loro assoluta necessità era l’interesse pubblico prevalente che consente l’uso dell’accordo di programma dal punto di vista normativo.
A Coop Icea spettano i lavori edili di ristrutturazione della nuova Usl e delle aule. Il 18/04/2013 Icea viene dichiarata fallita non prima di aver abbattuto il pregevole caseificio Rangoni lasciando a lato del centro commerciale Coop Consumo un enorme immondezzaio (foto sopra) che a volte si incendia forse per combustione propria. Le aule scolastiche non sono mai state realizzate e la nuova costosissima USL, una modesta sede per gli ambulatori dei medici di base.
La proprietà dell’area industriale dismessa SIPE NOBEL si era costituita in una società Green Village a responsabilità limitata con 15000 euro di capitale sociale. La forma societaria scelta e la bassa capitalizzazione non parevano adeguate rispetto al gravoso impegno della trasformazione della Sipe (foto in alto) basse in 300 villette e delle alte in centri commerciali e hotel. Senza contare che il costo della bonifica veniva stimato sugli 8/10 milioni di euro. Le amministrazioni di Spilamberto, Savignano e Vignola non si posero alcun dubbio e approvarono quel progetto anche contro il parere di centinaia di cittadini che invitavano a guardare casi simili come la Ruhr in Germania. Non solo, tutto il gruppo dirigente del partito si mobilita per rimuovere il vincolo paesaggistico promulgato dal soprintendente regionale Garzillo che avrebbe potuto impedire la cementificazione dell’area. Era una continuazione del vincolo che tuttora sussiste nel comune di Vignola e che ha permesso di salvaguardare le Basse e i suoi ciliegi ed era stato legittimato da una sentenza del Tar del Lazio. Con una tecnica da Azzeccagarbugli viene tolto dall’albo pretorio, si ‘promuove’ il soprintendente a Roma e si rimuove il vincolo. Sono passati vent’anni ormai i manufatti industriali pregevoli e vincolati si sono profondamente deteriorati, nulla è stato fatto se non sperperare da parte dei comuni più di un milione di euro finito nella voragine del debito pubblico. Il 19/12/2018 la società Green Village srl viene dichiarata fallita.
Nel 2008 venne approvato il piano delle attività estrattive della provincia di Modena. La mappa del piano che delimita i confini delle cave da scavare collima perfettamente coi terreni opzionati dai cavatori.
La quantità di ghiaia da scavare (sorpa l’ingresso di una cava abbandonata) era determinata presupponendo il fabbisogno decennale della provincia di Modena. Sono passati cinque anni dalla sua conclusione e ancora si scava nelle cave autorizzate e alcune delle quali sono addirittura in attesa di essere aperte. Il fabbisogno era stato in modo abnorme sovrastimato come venne ben motivato dalle osservazioni tutte respinte dai redattori del piano. Il PIAE garantisce che la ghiaia non possa essere importata da fuori provincia evitando così ogni concorrenza, nonostante venga venduta in altre province. Il PIAE è un saccheggio legalizzato, è una distruzione perenne di fertili terreni e una drastica riduzione di reddito agricolo. Per la contabilità ambientale un impoverimento economico dei comuni della conoide del Panaro senza eguali. Granulati Donnini era una delle maggiori società di escavazione 11/01/2023 è in liquidazione giudiziale.
La ricostruzione storica seppur succinta di questi fatti, a molti già noti, mostra con ogni evidenza come nei nostri consigli comunali si siano votate norme discrezionali, anche se la propaganda politica ha sostenuto che servivano al bene comune. Mostra anche che una parte della popolazione paga un costo economico attraverso l’impoverimento o l’aumento del debito pubblico. Queste norme particolari sono per lo più ignorate dalla maggior parte dei cittadini. Sono poco trasparenti perché sarebbero divisive nei partiti che le sostengono. A coloro che pensano, visti i fallimenti, che sia errato parlare di vantaggi rispondo con lo stesso qualunquismo: sarà colpa del mercato protetto in cui hanno agito. Non è questa infatti la risposta pertinente alla domanda posta inizialmente: si possono documentare decine di casi in cui le norme votate a favore di alcuni non hanno avuto come esito il loro fallimento.
Rispetto al governo centrale accade per esempio ‘l’assalto alla diligenza’ durante la composizione della legge finanziaria, i vari bonus, e non solo. In Italia sono in vigore 160000 leggi di cui 71000 emanate dal governo centrale e le rimanenti dalle regioni e dai comuni. In Francia 7000, in Germania, 5500 e nel Regno Unito 3000 (fonte: CGIA). La ragione di questa ipercinetica attività legislativa da parte del governo centrale e locali dipende dalle maggioranze al potere e dagli eletti che le compongono che hanno come scopo principale la loro rielezione e in base a ciò votano benefici a gruppi particolari o a soggetti giuridici che possono portare consenso elettorale.
Le conseguenze a cui si cerca di nascondere l’origine e la causa sono: una disaffezione verso la politica in particolare degli esclusi ai vantaggi, il prodursi di diseguaglianze sociali e l’aumento del debito pubblico. Ben diverse sono le norme generali che riguardano tutti che si basano su accettazioni e convinzioni forti e durature. Non dimentichiamo che le costituzioni sono nate per porre dei limiti al potere arbitrario e discrezionale dei governi.
Dante Pini – Italia Nostra